sabato 29 gennaio 2011

Helene Hegemann, Roadkill • Einaudi, Stile Libero Big, 2010

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Non "Emozionante"; "Emo" e basta. E pure scopiazzato

Non Consigliato • voto: 1/5


A dispetto della quarta di copertina, che attraverso le parole di un critico tedesco strilla che «se la vita dei giovani non dovesse essere così terribile come ce la racconta la Hegermann, dopo questo libro lo diventerà», in realtà il libro non fa che ripercorrere tematiche viste e riviste, storie di abusi (sessuali, chimici e musicali) che hanno spopolato negli anni '80 e '90.

Più che la testimonianza di una gioventù bruciata e maledetta, la storia appare come un patinato prodotto delle mode narrative di oggi, dove al polo melenso e metropolitan-sentimentale di un Moccia nostrano si oppone un polo emo-techno-horror-lagnante, i cui serissimi argomenti principali (gli abusi di ogni tipo, la famiglia in pezzi, le angosce delle dipendenze) vengono affrontati con un autocompiacimento che risulta noioso e dozzinale.

La critica letteraria teutonica pare di tutt'altro avviso, elevando questo romanzo d'esordio (l'autrice, figlia del drammaturgo teatrale del Volksbühne berlinese Carl Hegermann, ha soli diciassette anni) al livello di capolavoro della nuova letteratura tedesca, tanto che "roadkill" è arrivato fra i finalisti al prestigioso premio letterario della Fiera di Lipsia.

Le accuse di plagio. Il romanzo vanta diverse accuse di plagio piovute sulla testa dell'autrice non appena il romanzo è stato dato alle stampe. La Hegemann si difende invocando la filosofia del missaggio di media differenti, dell'obsolescenza del diritto d'autore (peccato che molte frasi siano riprese pressappoco identiche da un romanzo pubblicato un anno prima, e da alcuni blog berlinesi). Nell'edizione italiana la casa editrice Einaudi si tutela dietro la più sobria formula delle "fonti e ringraziamenti" in appendice al libro, dove vengono elencati "parti di libri, canzoni, film, blog, eccetera, sotto forma di citazione letterale, citazione modificata o mera ispirazione" che "sono confluiti nel testo", mettendo così nello stesso pentolone le fonti d'ispirazione dai passi scopiazzati e copiaincollati con qualche modifica, e tanti saluti.

Unica nota positiva del testo, a mio avviso, può essere riconosciuta nell'uso a volte interessante del linguaggio, che in alcune occasioni prende la forma di un flusso di pensieri con l'intenzione di intensificare, con discreti risultati, il senso di smarrimento dei sensi provato dal narratore. Peccato che nella traduzione italiana sia difficile attribuire la riuscita più o meno felice di questo espediente all'autrice piuttosto che all'attenzione dovuta a simili situazioni in fase di traduzione, tantomeno è possibile giudicare il peso dell'operazione di editing della casa editrice sulla stesura originale dell'autrice.




Ironic

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