venerdì 19 agosto 2011

SPECIALE – Loreena McKennitt (parte 2)


Prosegue la nostra breve panoramica della carriera della nota cantante e compositrice canadese Loreena McKennitt. Si entra ora nel vivo, con i magici dischi degli anni ’90, veri punti di svolta della discografia dell’artista.

The mask and mirror (1994)

Tre anni dopo il pluripremiato The visit, fa la sua comparsa nei negozi The mask and mirror. Triplo platino in Canada e disco d’oro negli States, è a mio avviso il migliore album della McKennitt insieme al successivo The book of secrets. Il timbro dell’artista e il suo modo unico di interpretare i brani non cambiano, tuttavia l’evoluzione si palesa immediatamente, a partire dall’opener The Mystic’s Dream. Il brano (e il disco, più in generale) emana un forte aroma di luoghi lontani, come mai prima d’ora. La musica evoca immediatamente immagini di remoti monasteri, fiabe e leggende cavalleresche del Nord Europa e al contempo profuma di oriente, di spezie e di mercati nordafricani dai colori chiassosi. Il disco è infatti frutto di una serie di viaggi, intrapresi da Loreena negli anni precedenti e che l’hanno condotta in Spagna, Irlanda, Francia e Marocco. Il multiculturalismo spagnolo, percepibile nella meravigliosa architettura moresca del paese, è di grande ispirazione per la McKennitt: le sue composizioni ne risentono e lo riproducono alla perfezione. Chiunque sia incline a un certo tipo di immaginazione fiabesca, fantastica e onirica dovrebbe ascoltare quest’opera. Tra gli highlights del disco sicuramente l’orecchiabile The Bonny Swans (pregevolissimo e piacevolmente inaspettato l’assolo di chitarra elettrica), la lunga e meditativa The Two Trees e la ritmata Santiago. Musica che fa viaggiare. Capolavoro assoluto.

The book of secrets (1997)

Il disco del successo arriva nel 1997. Nonostante il notevole successo di The mask and mirror, forse a causa del cambio stilistico, The visit s’era dimostrato migliore in termini di vendite. Alla fine del XX secolo però, l’audience ha ormai recepito le nuove atmosfere di Loreena. Il disco che l’artista sfodera, The book of secrets, è quello del successo planetario. Quadruplo platino in patria, doppio platino negli USA, disco d’oro in Germania e ottime vendite nel resto del mondo: una grande annata per la musica “impegnata”, affossata sempre di più dai brani da “una botta e via”, decisamente più consoni al ritmo frenetico e spossante degli ultimi decenni. Il disco è di nuovo un centro pressochè perfetto, nonostante i sentori orientaleggianti siano divenuti più velati (eccezion fatta per il brano Marco Polo). I viaggi di Loreena la conducono questa volta attraverso l’Inghilterra, l’Italia e l’ex-Unione Sovietica, permettendole di recuperare, almeno in parte, molto del suo mood celticheggiante. Ne è prova lampante la celeberrima The Mummer’s Dance, ispirata alle rappresentazioni dei cosiddetti mummers, attori di rappresentazioni folkloristiche di strada, tipici della cultura anglosassone. Il disco si compone di otto tracce ed è pressochè impossibile citarne alcune senza provare senso di colpa: tutte meriterebbero una menzione. Su tutte, sceglierei forse la pianistica Dante’s Prayer e la strumentale La Serenissima. A parer mio, lievemente inferiore al precedente, ma comunque un opera di qualità sopraffina. La strada parrebbe spianata per Loreena McKennitt. Nel 1997 nessuno sapeva che sarebbe rimasta lontana dalle scene per ben nove anni a causa di una disgrazia che l’avrebbe colpita di li a poco.

An ancient muse (2006)

Nel 1998, il fidanzato di Loreena (insieme al di lui fratello e a un amico) annegò in un incidente di barca. I due dovevano sposarsi entro breve. La tragedia colpì duramente Loreena che, conclusi alcuni obblighi contrattuali legati alla pubblicazione di un disco live, si ritirò dalle scene per ben nove anni. L’anno del ritorno è il 2006. L’interesse suscitato dalla sua proposta musicale con The book of secrets si è ormai spento e il successo degli anni ’90 ormai appare lontano. I tempi sono cambiati e così pure i gusti del grande pubblico: tutto cambia repentinamente nel nuovo millennio. Se dunque la qualità della musica celata dietro la copertina blu di An ancient muse è sempre la stessa, è l’accoglienza a essere ben diversa. Nessun riconoscimento nel mondo e, anche se il Canada si dimostra fedele facendo guadagnare all’album il disco di platino, siamo ben lontani dal successo verso cui Loreena sembrava ormai essere inesorabilmente lanciata. Graditissimo il ritorno della commistione tra melodie celtiche e arabeggianti che aveva reso memorabile The mask and mirror e che si concretizza in brani quali The gates of Istambul e Kecharitomene. I brani dal mood più classico risultano essere meravigliosamente composti e arrangiati, specialmente la quasi sacrale The english ladye and the knight e Penelope’s Song, dal sapore fantasy e romantico. Menzione speciale per la maestosa Beneath a Phrygian Sky, con il suo intermezzo da brividi e con passaggi che mi azzarderei a definire sulla soglia del prog più atmosferico. Un disco meraviglioso che purtroppo, è arrivato troppo tardi per godere della popolarità che la sua artefice aveva guadagnato.

Nights from Alhambra (2007)

Il successore di An ancient muse deve ancora nascere. Tuttavia, non si possono non spendere due parole per il maestoso live Night from Alhambra. Platino in Germania, l’opera si presenta in un elegante pack contenente due cd e un dvd con il video del concerto in altà qualità. Innanzitutto, l’aspetto tecnico. La registrazione è ottima, così come la resa sonora. Eccellente anche la scenografia, senz’altro migliorata ulteriormente dalla pittoresca varietà di insoliti strumenti sul palco. Loreena McKennitt non è una cantante particolarmente appariscente, ma tutto ciò che la circonda incornicia perfettamente la sua alta figura, sia mentre canta, sia mentre suona i suoi numerosi strumenti. Meravigliosa la location, il palazzo moresco Alhambra a Granada. Sinceramente non potevo pensare a un luogo che incarni meglio lo spirito della musica della McKennitt. Ciò che la piccola audience ha avuto modo di vedere è uno show pregno della magia emanata dai dischi in studio, eseguito alla perfezione dai bravissimi strumentisti e permeato da un discreto alone di umiltà e di malinconia che dona a tutto il lavoro una genuinità disarmante. Lavoro di altissima qualità e commovente. Semplicemente commovente.


Spectraeon_86

Nessun commento:

Posta un commento