lunedì 19 dicembre 2011

Sigarette a colazione #3 - Electric ladyland


Sveglia elettrica oggi. Sveglia elettrica come di Jimi Hendrix che suona amplificando la chitarra con la parete intera, per l'occasione fattasi metallica e porosa.
E gli accapo partono in automatico, sin dal mio primissimo pensare. Le frasi dell'usuale soliloquio mentale mattutino sono continuamente inframezzate da potenti e vigorosi profluvi di vibrazioni: in schiere compatte si muovono sopra il letto e per tutta la stanza fasci di suoni inaciditi da scontri di cariche e poli: particelle fluorescenti come le lucciole della notte che se n'è appena andata.
Accendo una sigaretta per regolarizzare i flussi, per smorzare l'ondata con l'acqua della consuetudine. Non ero abituato ad allerte così perentorie; la musica ad altissimo volume diffusa dal mio congegno di sveglia ha però sortito l'effetto desiderato di infondermi la giusta dose di positività e carogna, di determinazione e fancazzismo necessarie a portare a termine il mio compito d'oggi.
A questo punto della "riflessione" (visto che operiamo nel settore), sarà bene puntualizzare come questa sveglia sia finalizzata a uno scopo ben preciso, non è di quelle sveglie random, di quei giorni nei quali ci si sveglia giusto per eleganza; tanto per non far notare agli altri che vivono in ritmi e a orari che non ci sono graditi.
Non siamo qui per discutere d'insonnia, quindi bando alle ciance: oggi ho un appuntamento.
Ho già spento senza accorgermente la mia prima sigaretta.
È un appuntamento galante? Un incontro al buio?
Ma se è mattina! Allora ci ripenso, speranzoso di scrollarmi di dosso la pesantezza del riposo; ci ripenso e il nulla mi sovviene.
Un certo Campanile sostenne che "è un peccato che la levata del sole avvenga di mattina presto, perché a quell'ora non ci va nessuno!", sostengo da parte mia, come dargli torto.
Insomma, suvvia, deh (e chi più ne ha più ne metta, senza risparmio) non siamo fatti per certe levatacce. L'umano è un animale lento: io ho tempistiche da bradipo. È per questo che sono alla quarta bionda, il cilindro di metallo ha la pancia piena di cenere e mozziconi, e la sveglia continua a suonare in attesa che io guadagni ciò che dell'homo erectus fu il vanto per andare a fare il mio dovere. D'altra parte, come s'è già detto, ho un appuntamento!
Sinceramente, rotolandomi tra le coperte alla stregua di ferita fiera, ho dimenticato di che tipologia fosse tale appuntamento. I miei appunti mentali si sono forse dissolti nella musica assordante che traspira dalla parete.
Un bell'enigma, proprio nel centro della mattinata. Uno di quegli enigmi capaci di sconquassarti la giornata così, da capo a piedi, recidendole il collo di netto. Non sarebbe necessaria tale e tanta cruenza di paragone, se una similitudine cruda come il San Daniele non fosse l'unico mezzo per esprimere e palesare all'uditorio il sentimento d'uno scorno così grande.
L'enigma è - gentildonne, damigiane e gonzi, nibiluomini all'ascolto – di duplice o triplice natura, penetra come rampicante nella tenera superficie del mattino, fiorisce in nuovi rami e gemme sempre fresche. La mia testa, affondando la nuca dentro il cuscino, fissa le travi del soffitto ronzando di dejavu. La musica che usciva dalla parete si è affievolita, o forse è assente.
Com'è possibile ch'io abbia percepito sì poderose stilettate d'elettronico strumento?
E questo appuntamento, quest'appuntamento del quale non riesco a ricordare il viso, ne come avesse le mani oppure il suono della voce; se fosse un appuntamento d'amore o d'onere, di speranza o di passione: di vita o morte, addirittura. Ma anche no.
Riesco ancora a toccare con la lingua del cervello un taglietto sul palato della memoria che mi indirizza verso ciò che sto cercando, senza però mostrarmi l'uscio come sogliono fare le guide serie, specialmente all'Inferno. Ancora il nulla, mentre sento un braccio che mi si solleva da solo, tirato da invisibili ragnatale di burattinaio. Non ricordo.
Apro gli occhi ch'è già sera. E l'impegno, l'enigma e tutti i passi suoi eran tracce che lascia il sogno per farsi ritrovare.
Apro gli occhi ch'è già sera, accendo una sigaretta. Una nube cumuliforme di fumo so erge tra il mio sguardo e l'orologio; ho un'appuntamento, e penso al mio appuntamento: ai suoi tacchi discreti, quelle calze scandaloseleganti, il rossetto su labbra di petalo, l'occhio incastonato – prezioso diamante – sul viso dorato di baci d'amori ormai orfani.
Non vedo l'ora.
(letteralmente)
Nino

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