sabato 31 marzo 2012

Speciale Ayreon, parte 2: i capolavori The Human Equation e 01011001


Ben ritrovati, cari lettori. In questa seconda parte proseguiamo con l’itinerario musicale che ci conduce alla scoperta dei lavori discografici del progetto Ayreon. Dopo il carismatico debutto, The Final Experiment, e l’onirico Into The Electric Castle, giungiamo alle ultime quattro opere, quelle che più marcatamente vanno a definire i contorni di una trama fantascientifica sempre più avvincente. Basta con i preamboli e veniamo alla musica. 

The Universal Migrator Part I: The Dream Sequencer (2000) 

Siamo di nuovo nel futuro, qualche anno dopo la guerra nucleare globale del 2084. Il progetto Time Telepathy, che avrebbe dato all’umanità una speranza di salvezza dall’autodistruzione, è miseramente fallito. La Terra è ormai devastata da un oceano di fuoco radioattivo che non ha lasciato scampo alla vita presente sul pianeta. Solo un uomo ancora respira, sulla colonia di Marte. Le scorte alimentari inviate dalla terra sono terminate e tutto ciò che gli resta da fare è morire. Mentre attende la fine, l’uomo si connette ad un sofisticato simulatore denominato Dream Sequencer, ideato per rendere meno opprimente la permanenza dei coloni sul pianeta rosso. La macchina trasporta la mente del protagonista progressivamente indietro nel tempo, in un viaggio a metà strada tra realtà e immaginazione, facendo riaffiorare ricordi della sua infanzia, della guerra finale e poi ancora più in là. I successi e i fallimenti dell’umanità gli scorrono dinanzi sempre più rapidamente fino a raggiungere il caos primordiale e a scoprire la primigena fonte di vita: un’entità denominata Universal Migrator. Insomma, finalmente si entra nel vivo. Musicalmente, l’album è assai variegato e difficile da classificare. Sicuramente può dirsi molto vicino al prog rock. Non vi sono quasi mai accelerazioni figlie di branche più dure del rock. Le atmosfere sono abbastanza soffuse, dense di synth e di suoni “cibernetici” che rendono bene la sequenza di immagini e di storie passate che il protagonista rivive. Sebbene questo disco non venga spesso considerato all’altezza dei capitoli seguenti, alcuni brani sono davvero grandiosi, come i due che vi propongo qui sotto. Un grande album. 

 

The Universal Migrator Part II: Flight Of The Migrator (2000) 

Avevamo lasciato l’ultimo uomo su Marte nel Dream Sequencer. Egli, ormai prossimo alla fine, decide di spingere il simulatore onirico ancora di più. Il suo viaggio lo conduce al Big Bang. Il caos lascia il posto a una moltitudine di pianeti e stelle. L’universo per come lo conosciamo è nato. In questo istante, fa la sua comparsa anche una forma di vita priva di corpo. Un essere di pura anima, scaturito apparentemente dal nulla cosmico, che comincia a vagare per il neonato universo. Il nostro decide di seguirlo attraverso le galassie, tra buchi neri e wormhole, fino a comprendere la verità. L’entità, identificata come Universal Migrator, altro non è che la forma di vita basilare dalla quale tutte le altre discendono. Il Migrator è un corriere di vita intergalattico che, scindendosi di quando in quando, porterà vita ovunque. Il Migrator giunge infine sulla Terra dando origine alle forme di vita preistoriche. Mentre assiste a questo, l’ultimo colone di Marte muore di stenti all’interno del Dream Sequencer. La sua anima lascia il suo corpo ed egli diviene consapevole di essere il nuovo Migrator. Egli creerà nuovamente la vita, come fece il suo predecessore. Il Migrator originale non ha creato, però, l’uomo sulla Terra. Le origini dell’umanità sono decisamente diverse… Nelle intenzioni di Lucassen, questo album doveva essere dedicato ai fan dalle preferenze più “metalliche”. Questo capitolo di The Universal Migrator è, in effetti, un disco di metal progressivo carico di riff potenti e di hammond distorti. Voci poderose quali quelle di Russell Allen (Symphony X), Fabio Lione (Rhapsody Of Fire, Vision Divine), Ralf Scheepers (ex-Gamma Ray, Primal Fear) e Bruce Dickinson (Iron Maiden) si oppongono con violenza alle atmosfere riflessive del disco precedente mentre le solenni tastiere ci riportano alla mente The Final Experiment. Benchè però le atmosfere da sci-fi epica siano ben ricreate, ritengo personalmente questo album inferiore alla Parte I e, più in generale, agli altri lavori di Arjen. La composizione mi pare meno ispirata, non vi è sempre una perfetta fusione tra musica e voce e alcuni passaggi paiono un tantino “forzati”. Sia ben chiaro che, tuttavia, stiamo parlando di un disco di una bellezza tutt’altro che indifferente. 

 

Prima di proseguire, avviso i lettori che i seguenti album sono dei capolavori assoluti e delle pietre miliari della storia della musica. L’ascolto di tali opere musicali potrebbe seriamente cambiare la vostra vita… Non è uno scherzo. 

The Human Equation (2004) 

Immaginate una strada isolata. Una giornata dal clima mite e un cielo senza nuvole. Immaginate ora che, su questa strada, un uomo (vocalmente interpretato da un James Labrie grandioso) stia guidando da solo. Nessuno oltre a lui si trova nei paraggi quando, senza apparente ragione, perde il controllo della macchina. L’impatto che segue lo spedisce in un coma profondo. Ricoverato in ospedale, due persone lo vegliano, gli parlano e pregano che si riprenda: la moglie (Marcela Bovio) e il suo migliore amico (Arjen Lucassen). Da come parlano tra loro, però, pare che i due abbiano qualcosa da nascondere… Nel frattempo, il protagonista si risveglia all’interno di quella che scopre essere la sua stessa mente. In questo luogo egli si ritrova a confrontarsi con le personificazioni delle sue emozioni più profonde: amore, passione, ira, paura, orgoglio, ragione e agonia. Esse lo porteranno a fare i conti con un passato fatto di negligenze genitoriali, solitudine, tristezza, bullismo: tutti fattori che hanno contribuito, molto più di quanto egli voglia ammettere, a renderlo l’uomo che è ora. I drammi personali del trittico di protagonisti vengono lentamente alla luce, rivelando tradimenti, rancori, ipocrisie e vanità… Questa, signori, è Musica. Questo è Ayreon al massimo dello splendore. Raramente mi è capitato di immedesimarmi così tanto in un personaggio. Questo disco è una girandola non solo di emozioni, ma anche di sfumature delle stesse. L’atmosfera può cambiare in pochi secondi…così come l’umore degli esseri umani. Mai così efficacemente, credo, la natura umana è stata messa su pentagramma. Le grandiose voci che interpretano le diverse emozioni conducono, per venti giorni, i tre protagonisti dapprima all’autoanalisi, quindi alla consapevolezza e, infine, alla comprensione e al perdono reciproco. Un disco da scoprire e da assaporare, dalla prima all’ultima nota, fino alla sconvolgente rivelazione finale: tutta l’esperienza è stata generata dal Human Equation Program, una simulazione del Dream Sequencer. All’interno della macchina, però, non c’è un essere umano ma una forma di vita aliena che, con una voce filtrata dalle macchine, mormora: «Emotions… I remember…». Suona familiare? Se avete ascoltato Into The Electric Castle, direi che dovrebbe… Estrarre due soli pezzi da allegare è stato arduo davvero. Questo è il classico album che deve essere ascoltato dall’inizio alla fine, tutto d’un fiato. E, credetemi, ne vale davvero la pena. 

 

01011001 (2008) 

Eccoci alla resa dei conti. Ayreon ci ha raccontato la storia e i drammi dell’umanità e di singoli individui. Di quando in quando, però, una strana forma di vita extraterreste faceva capolino. Il burattinaio di Into the Electric Castle, la voce nel Dream Sequencer in The Human Equation… È tempo di ordinare i tasselli e di narrare la storia dei Forever. Durante il viaggio al seguito del Migrator, si assistette ad una scissione dello stesso. Una parte diede vita alla Terra. L’altra, giunse a destinazione molto prima e diede origine ad una razza di umanoidi su di un pianeta in seguito denominato solo come Y (che, in codice binario, è appunto 01011001). Questa razza giunse ad uno stadio di evoluzione tecnologica impressionante e, ben presto, ossessionata dalla morte, tentò di rendersi immune alla vecchiaia e alle malattie. L’obiettivo venne raggiunto grazie a sistemi artificiali di mantenimento vitale: erano divenuti eterni (Forever). Millenni di vita artificiale hanno però effetti collaterali. I Forever si scoprirono, col passare dei secoli, sempre più indifferenti al tempo, a loro stessi e ai loro simili: avevano perduto la capacità di provare emozioni. Tutte eccetto la nostalgia del passato. I Forever non possono tornare indietro. Possono però ricreare la loro razza altrove e monitorarla, per poter registrare le emozioni e provarle nuovamente. Per fare questo, pongono il seme della loro specie all’interno di un asteroide artificiale che viaggerà attraverso le stelle in cerca di un pianeta adatto allo scopo. Dopo secoli di viaggio intergalattico, l’asteroide, guidato a distanza dai Forever, piomba sulla Terra eliminando i dinosauri (un pericolo troppo grande per i fragili umani) e dando il via a un ciclo di eventi che porterà alla nascità dell’Uomo. I Forever ammirano la loro creazione con freddezza, incamerando il maggior numero possibile di dati. L’evoluzione dell’Uomo procede però a rilento: le sue credenze religiose rallentano il progresso e il suo debole organismo lo rende facile preda di malattie. La creatura dei Forever rischia di estinguersi prima che il programma di ricerca sia completato. Gli alieni decidono perciò di effettuare un upload delle loro nozioni scientifiche per accelerare l’evoluzione del genere umano. Il boom tecnologico colpisce le menti umane con troppo durezza. Il risultato ultimo dell’upload è stato la nascita di nuove armi con le quali, nel 2084, gli umani daranno il via alla guerra definitiva. Presentendo l’estinzione dell’Uomo, i Forever tentano il salvataggio trasmettendo agli uomini l’idea del progetto Time Telepathy. Questo, tuttavia, come già sappiamo, non basterà a salvare l’umanità. Mentre il silenzio regna sulla Terra, ormai un pianeta disabitato, martoriato e morente, i Forever capiscono di non essere davvero vivi, di essere solo dei cadaveri che respirano, dei gusci senz’anima. Vinta la paura della morte, le macchine di mantenimento vitale vengono spente, la vita termina e il ciclo ricomincia con un nuovo Migrator… 


La saga giunge al termine nel mgliore dei modi, musicalmente parlando. Bissare la qualità di The Human Equation era compito tutt’altro che facile. Arjen, tuttavia, riesce magistralmente nell’intento mantenendo intatto il suo stile ma variando sensibilmente il tono dei brani. Le sonorità adottate, i filtri vocali…tutto contribuisce a dare all’album un taglio “artificiale”, robotico. La necessità era quella di trasmettere un’assoluta freddezza che risultasse anche, paradossalmente, poco distaccata. I Forever non provano emozioni se non, come detto, la nostalgia e il rimpianto. Questi due stati d’animo, assai correlati tra loro, risultano più che percepibili. Tutti i pezzi ne sono impregnati. Spettacolari, poi, le tracce riguardanti la fondazione dell’umanità. I punti di vista e le differenze d’opinione dei diversi Forever (volutamente anonimi anche se fortemente riconoscibili dalle fantastiche voci degli interpreti) vengono resi alla perfezione. Canzoni come Ride The Comet o The Fifth Extinction non si sentono tutti i giorni. Le atmosfere si mantengono sempre piuttosto tetre, con qualche eccezione, per trasmettere l’insorabile caduta dalla grazia del genere umano. La chiusura, affidata alla spaventosa The Sixth Extinction, ha davvero dell’apocalittico con un finale da brividi, a rappresentare la presa di coscienza dei Forever, culminante in un susseguirsi di interpretazioni vocali da urlo (tra i singer coinvolti cito Hansi Kursh, Bob Catley, Floor Jansen, Anneke Van Giersbergen e un Jorn Lande decisamente sugli scudi). Interessante la scelta di disseminare per la tracklist canzoni riguardanti anche esperienze umane: quotidianità deludente, fasulli amori nati su internet… Quasi a mostrare che, in fondo, tra umani e Forever, ormai, non c’è poi questa gran differenza... Altro capolavoro, quindi, che chiude la saga sci-fi targata Ayreon. Stabilire quale sia il migliore, tra 01011001 e The Human Equation, credo sia solo questione di gusti. Tecnicamente eccelsi entrambi anche se in maniera estremamente differente. 

 

Chiudiamo quindi questo dossier sul progetto Ayreon. Spero che leggere l’articolo vi abbia incuriosito e che vogliate andare oltre, ascoltando questa musica meravigliosa. Certo, non è proprio musica per tutti. Si tratta pur sempre di progressive abbastanza “spinto”. Sono certo che, però, molti di voi potranno, magari dopo ripetuti ascolti, carpire tutte le sfumature racchiuse in questi magnifici dischi. Al momento il progetto Ayreon è in stasi poichè, terminata la saga, Lucassen pare intenzionato a occuparsi di altro. In attesa di scoprire cosa Ayreon ci riserverà in futuro, prima di chiudere non posso fare a meno di consigliarvi di ascoltare anche i due album del progetto Star One, sempre firmato Lucassen. Se avete amato Ayreon, potrebbe regalarvi più di qualche soddisfazione. Grazie e alla prossima!

Spectraeon_86

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