mercoledì 29 febbraio 2012

Nuova locandina e nuovo trailer per The Avengers

E' un giorno speciale per tutti i fan della Marvel: sono stati rilasciati proprio oggi la nuova locandina e soprattutto il nuovo trailer di The Avengers! Il 25 aprile 2012 si avvicina e cresce l'attesa per questo film, già un cult per tutti i lettori di fumetti, e non solo.
Il nuovo trailer mostra tante immagini inedite, rispetto al primo teaser e a quello rilasciato durante il recente SuperBowl, e sicuramente starà esaltando chi attende questo film più di qualsiasi altra cosa. Si parte dal dialogo tra il direttore dello S.H.I.E.L.D. Nick Fury (Samuel L. Jackson) e Steve Rogers/Capitan America (Chris Evans), si passa per l'incontro tra la Vedova Nera (Scarlett Johansson) e Bruce Banner/Hulk (Mark Ruffalo), per poi arrivare ai diversi incontri e scontri tra i singoli Vendicatori. Viene mostrato, finalmente, il gioco di squadra che vedremo tra i protagonisti del film (emblematico il salvataggio di Iron Man da parte di Hulk), frutto di alcuni combattimenti, utili per conoscersi. Infine ci viene dato qualche dettaglio in più sui nemici: scopriamo infatti che Loki (Tom Hiddleston) e i suoi misteriosi alieni si serviranno di tecnologia avanzata per conquistare il mondo, come il megaserpentone meccanico che si vede sul finale.
L'Italia vedrà The Avengers in anteprima mondiale il 25 aprile 2012, in 3D e in IMAX 3D. Sembra proprio che il regista Joss Whedon abbia fatto un ottimo lavoro su un prodotto molto difficile da trasporre al cinema.


D9P

lunedì 27 febbraio 2012

Annunciati Pokémon Black 2 e White 2, seguiti di Bianco e Nero

Durante il programma televisivo giapponese Pokémon Smash dello scorso sabato 25 febbraio, il dirigente della software house Game Freak Junichi Masuda ha annunciato il prossimo arrivo di Pokémon Black 2 e Pokémon White 2, seguiti diretti dei due giochi usciti nel settembre 2010 in terra nipponica e nel marzo 2011 in Occidente. Al momento l'unica immagine divulgata su questi due nuovi titoli è una curiosa e un po' inquietante fusione tra il pokémon leggendario Kyurem (tipo Drago/Ghiaccio) e i suoi cugini Reshiram (Drago/Fuoco) e Zekrom (Drago/Elettro).


Aldilà di questi ibridi, elementi inediti per i Pokémon (come del resto lo è il concetto di sequel vero e proprio), denominati Black Kyurem e White Kyurem dallo stesso Masuda su Twitter, le poche informazioni rilasciate su Black 2 e White 2 sono di quelle essenziali: le due nuove cartucce saranno giocabili su Nintendo DS e DSi (dunque non si tratta di un'esclusiva 3DS come molti immaginavano sarebbe stato l'ipotetico Pokemon Grey) e verranno immessi sul mercato giapponese nel giugno di quest'anno, mentre il lancio in Europa e in America è sorprendentemente previsto per il successivo autunno. Ancora non si sa nulla di nulla sulla trama di Black 2 e White 2, su eventuali nuovi pokémon o su nuove feature dei giochi, ma non dovrebbe passare troppo tempo prima che Nintendo e Game Freak si sbottonino di più.

É interessante notare che il sinistro Kyurem, presente ma ignorato da pressoché tutti nelle versioni Bianca e Nera, sarà il cattivo (o perlomeno una forza minacciosa) nel lungometraggio Kyurem VS The Sacred Swordsman Keldeo di prossima uscita in Giappone. La star del film parrebbe essere il piccolo unicorno Keldeo, pokémon leggendario di tipo Acqua/Lotta; il classico cortometraggio che precederà la proiezione di questo nuovo episodio cinematografico della serie vedrà invece come protagonista Meloetta, spiritello musicale di tipo Normale/Psico o Normale/Lotta a seconda della forma. Sia Keldeo che Meloetta sono inottenibili in Black e White, e probabilmente in contemporanea con il film verrà avviata in Giappone la loro distribuzione via wi-fi; nessuna notizia, purtroppo, del mostruoso insetto robotico Genesect, 649° e ultimo nel Pokedex. Si spera che prima o poi anche loro, come il primigenio Arceus, vengano distribuiti in tutto il mondo, e, tornando al film, ci si chiede se la sua trama possa costituire un ponte narrativo tra Bianco e Nero e i loro prossimi seguiti.

Lor

venerdì 24 febbraio 2012

Brit Awards 2012: Il bis di Adele



Adele ci ha preso gusto.

Dopo i Grammy, la londinese ha vinto i premi come best female e best album durante la cermonia dei Brit Awards 2012. Cerimonia che non ha fatto mancare qualche polemica, sia per il dito medio di Adele per colpa del suo discorso di ringraziamento, interrotto bruscamente dal conduttore per far spazio ai Blur, sia per la statuetta ottenuta dai Coldplay (Best british group) probabilmente grazie al loro successo mediatico di fronte a band come Kasabian, Artic Monkeys e Elbow che quest’anno sicuramente hanno dato tanto al panorama musicale inglese e mondiale.
Non sono state dimenticate le scomparse di Whitney Houston e di Amy Winehouse, portate sul palco della O2 Arena tramite tributi pieni di musiche, foto e applausi.

Le esibizioni degli ospiti sono state molto toccanti e spettacolari: i primi a suonare sono stati i Coldplay con Charlie Brown, poi i Florence + The Machine con No Light, No Light, Ed Sheeran, Adele, Bruno Mars, Rihanna e, cosa che mi ha piacevolmente sorpreso, Noel Gallagher insieme a Chris Martin per la sua AKA... What a Life!.

Gli altri padroni dei Grammy, i Foo Fighters, sono riusciti a portarsi a casa il premio come miglior band internazionale, ringraziando il pubblico con una video cartolina mentre Bruno Mars e Rihanna hanno vinto quelli come miglior cantanti, uomo e donna, sempre nell’ambito straniero/mondiale. Al giovanissimo Ed Sheeran, divenuto famoso grazie alla sua The A Team e tornato sul palco con Lego House, sono andati i best male e best breakthrough act.

La sera si è conclusa con lo show dei Blur (vincitori come Outstanding Contribution to Music), da poco tornati insieme che hanno suonato pezzi storici come Girls & Boys, Song 2 e Tender.

Ecco tutti i premi assegnati:

BRITISH MALE SOLO ARTIST
Ed Sheeran

BRITISH FEMALE SOLO ARTIST
Adele

BRITISH BREAKTHROUGH ACT
Ed Sheeran

BRITISH GROUP
Coldplay

BRITISH SINGLE
One Direction – What makes you beautiful

MASTERCARD BRITISH ALBUM OF THE YEAR
Adele – 21

INTERNATIONAL MALE SOLO ARTIST
Bruno Mars

INTERNATIONAL FEMALE SOLO ARTIST
Rihanna

INTERNATIONAL GROUP
Foo Fighters

INTERNATIONAL BREAKTHROUGH ACT
Lana Del Rey

OUTSTANDING CONTRIBUTION TO MUSIC
Blur


CRITICS CHOICE
Emeli Sandé



Lares

lunedì 20 febbraio 2012

War Horse: l’ultima fatica (per gli spettatori) di Steven Spielberg

E’ uscito nelle sale l’altro ieri War Horse, il nuovo film di Steven Spielberg. Devon, 1914. Ted Narracott, contadino povero, claudicante in quanto reduce dalle guerre boere e grande bevitore di birra, acquista per trenta ghinee un puledro mezzo sangue. Suo figlio Albert (un giovane e sconosciuto Jeremy Irvine) lo battezza Joey, lo doma, lo cavalca, e riesce a trasformarlo in un perfetto cavallo da tiro, risollevando le sorti della fattoria. Ma la guerra incombe e la Gran Bretagna entra nel conflitto mondiale. Contemporaneamente, Ted è costretto a vendere l’animale ad un capitano dell’esercito per pagare l’affitto della fattoria, a causa di un raccolto di rape andato distrutto. Sullo sfondo della Grande Guerra, inizierà per il cavallo una serie di avventure, fino a quando sul fronte francese della Somme, nel 1918, Joey ed Albert non si rincontreranno, avendo il ragazzo raggiunto nel frattempo la maggiore età ed essendosi quindi arruolato come soldato. Albert, momentaneamente cieco a causa di lesioni provocategli da un gas (probabilmente iprite), neanche lo vede, eppure lo riconosce. Il lieto fine è d’obbligo.
L’aggettivo che meglio identifica la pellicola è banale. A tratti esageratamente melenso (la scena in cui Joey si sacrifica nel traino di un cannone per “salvare” il cavallo-amico compagno di sventure Topthorn, l’uso del rallenty durante la prima azione di guerra che vede schierata la cavalleria inglese e le mitragliatrici tedesche e così via), il film è privo di originalità. Che l’amicizia tra un ragazzo ed un cavallo sia il pretesto per raccontare la guerra? Forse. Per carità, le dinamiche del genere di guerra non mancano, basti citare la momentanea amicizia nata tra un soldato inglese e uno tedesco per liberare Joey rimasto intrappolato nel filo spinato, che vorrebbe quindi far riflettere sull’assurdità della guerra e sul senso di fratellanza. Eppure War Horse non è esattamente un film di guerra. Spielberg intendeva forse far riflettere sul tentativo continuo degli uomini di controllare la natura, «un cavallo da guerra... che strana bestia sei diventato! I cavalli sono nati per correre liberi»; ma il tema è già visto, già analizzato, già riproposto più e più volte.
Due ore e venti sono troppe. Quando una ragazzina francese trova Joey e Topthorn, dice che «erano nel mulino a vento che aspettavano Don Chisciotte». Questa è senza dubbio la battuta più bella del film, perché per un attimo fa sognare. Ma ahimè sono lontani i tempi di E.T..

Erin

domenica 19 febbraio 2012

Vasi Sanremesi 2012: Quinta puntata - La finale

Storia di un Festival già scritto. Se anche voi, come me, avete creduto, anche solo per un attimo, vi siete illusi, che le vittorie di Roberto Vecchioni e di Raphael Gualazzi nella scorsa edizione del Festival di Sanremo potessero segnare il passo a una manifestazione dalla ritrovata dignità e credibilità, dopo le vittorie di Marco Carta e Valerio Scanu, sarete rimasti, come me, molto delusi dalla conclusione della 62ª edizione del Festival della Canzone Italiana. Gli indizi c’erano già tutti: la vittoria al televoto di Alessandro Casillo (per chi non lo sapesse, già vincitore di Io canto su Canale 5) nella categoria Giovani doveva mettere in allarme gli spettatori. Un ragazzo impacciato sul palco, che avrà “solo” 15 anni, ma che non conosce neanche una canzone di Adriano Celentano, neanche Azzurro, che si presenta con una canzone mediocre e nonostante tutto ciò, vince. Ma ancora, la classifica provvisoria e la sala stampa hanno voluto illuderci, consegnando la vittoria ad Arisa (come profetizzato da VC) e i due posti sul podio agli idoli del televoto, Emma e Gigi D’Alessio, quest’ultimo escluso dal golden share che ha premiato Noemi.
Alla fine tutto è tornato alla normalità. Il 49,63% del televoto è stato per Non è l'inferno della cantante salentina contro il 35,53% per Arisa e il 14,84% per Noemi. Emma, da buona star televisiva, sa che due lacrime piazzate nei momenti giusti non fanno mai male; cade però quando, incalzata da Morandi, non conosce neanche gli autori della sua canzone, e ho detto tutto. Ora, lungi da me sostenere che Emma non abbia talento o che non sappia cantare; il problema è un altro: il Festival di Sanremo viene nuovamente vinto da un’artista che, oltre a vincere Amici, non ha fatto assolutamente niente e probabilmente poco farà, esattamente come Valerio Scanu e Marco Carta, ma che gode di una popolarità che prescinde la musica, la carriera o un progetto musicale a lungo termine. E tutto ciò è insito nel “sistema Amici”: non si parla di musica ma si creano personaggi da dare in pasto al pubblico. Questa è la differenza principale con, per esempio, X-Factor, talent show da cui sono usciti degli artisti più o meno forti ma che hanno intrapreso un percorso al di fuori del programma. Si veda Noemi che, prima di sbarcare a Sanremo per la prima volta, aveva già guadagnato una dignità artistica indipendente da X-Factor, con all’attivo due singoli che hanno spopolato in radio come Briciole e il capolavoro L’amore si odia.
E non si tratta neanche di una canzone che verrà ricordata o meno, perché ormai ben poche canzoni, dentro e fuori Sanremo, vengono ricordate a distanza di tempo. Ma è sempre bello sparare sul Festival usando questa scusa. Quel che mi preoccupa è che la vittoria di Emma non fa altro che allontanare ancora di più i giovani (e non parlo delle ragazzine ossessionate da Amici) dal Festival di Sanremo, che perde in credibilità e dignità. Neanche Chiamami ancora amore di Roberto Vecchioni passerà alla storia e sarà ricordata da generazioni e generazioni, ma nell’albo d’oro dei vincitori nessuno si stupirà di leggere un’artista come il Professore. Vecchioni verrà ricordato, Emma verrà ricordata fino al prossimo vincitore di Amici.

Il televoto è dunque la condanna del Festival? Non saprei. Il sistema di votazione misto mi sembra, in realtà, abbastanza equo mentre la finale a tre riservata solo al televoto potrebbe essere eccessiva. Un’idea potrebbe essere quella di creare un sistema ancora più misto con un 25% al televoto, un 25% alla sala stampa, un 25% alla giuria demoscopica e un 25% all’orchestra, o qualcosa del genere. Ma gli introiti economici valgono più della tradizione.
Non ci resta che consolarci con il Premio della critica Mia Martini, conquistato quest’anno da Samuele Bersani, già vincitore nel 2000 con Replay, e con la partecipazione di Nina Zilli al prossimo Eurovision Song Contest, manifestazione musicale europea riscoperta l’anno passato dall’Italia che ha inviato Raphael Gualazzi, piazzatosi al secondo posto finale.

Mettendo da parte la musica, l’ultima serata del Festival di Sanremo, per quanto lunga, è passata senza grandi emozioni o momenti eclatanti. È stata la serata del ritorno di Adriano Celentano che si è però limitato a rispondere alle critiche, a ricevere i fischi di un pubblico, sempre e comunque elegante, e a cantare due estratti dal suo ultimo album Facciamo finta che sia vero, La cumbia di chi cambia e Ti penso e cambia il mondo, quest’ultima in duetto con Gianni Morandi. Un momento sentito con le lacrime di Morandi che accantonano tutte le parole e le critiche che ruotano attorno a Celentano.


Uno dei momenti più emozionanti della serata potrebbe esser stato il primo ingresso di Ivana Mrazova con un abito a dir poco mozzafiato, una delle sue migliori prestazioni. Gli ospiti comici sono stati i ritrovati Luca e Paolo, essenziali ma efficaci, e la simpatica Geppi Cucciari che personalmente avrei tenuto per tutte e cinque le serate a dare un po’ di dinamismo al programma. Una nota dolente è stato il continuo pubblicizzare i futuri prodotti Rai: Affari tuoi, Domenica In e le fiction Il giovane Montalbano e Walter Chiari.
Il 62° Festival della Canzone Italiana di Sanremo è concluso e con esso l’esperienza del direttore artistico Gianmarco Mazzi, già arruolato (ma guarda un po’!) per il serale di Amici di Maria De Filippi. È stata un’edizione in continuità con la passata, visti i protagonisti e l’impostazione. Ciò che è cambiato è stato il risultato; ma nel business che ruota intorno al mercato musicale è meglio non addentrarcisi e sperare in un Festival più rappresentativo e che rispetti la lunga e gloriosa tradizione è tutto ciò che ci rimane.
D9P

sabato 18 febbraio 2012

Vasi Sanremesi 2012: Quarta puntata

E’ il turno di Ivana Mrazova, e la preparazione dei suoi balletti, essere protagonisti dell’anteprima della quarta e penultima serata del Festival di Sanremo. Tutt’altra cosa è la sigla, stavolta affidata al violinista David Garret e alla ballerina senza braccia Simona Atzori che danza sulle note di Smells like teen spirit dei Nirvana. Rocco Papaleo entra in scena col solito loden sulle note de La foca, per portare un po’ di sobrietà per tutti. Poco dopo sale sul palco anche Ivana Mrazova che non saprà fare niente ma perlomeno ha una risata contagiosa; le sue apparizioni in scena sono poche e questo non è per forza un male.
Tra gli ospiti della serata figura Sabrina Ferilli, la cui presenza sembra totalmente ingiustificata: la Ferilli, rompe il solito clichè della romana cantando una versione alternativa di Roma nun fa la stupida stasera. Morandi butta un’occhiata al seno pure a lei, per non farsene mancare nessuna durante un’intervista inutile. Chi invece ha sorpreso tutti è Alessandro Siani, non annunciato come ospite e reduce dal successo di Benvenuti al nord: uno dei pochi ospiti degni di questo Sanremo, più che altro perché ha qualcosa da dire e raccontare. Gli ospiti musicali sono invece i One direction, band di ragazzini uscita da X-Factor in Inghilterra: cinque Justin Bieber, bravini a cantare, pronti a conquistare tutte le ragazzine del mondo con qualche bel faccino e qualche ammiccamento. Un bello spottone per Ballando con le stelle con il cast al completo, fuori luogo come tante altre cose, conclude la rosa degli ospiti.

La gara prevede i duetti e le nuove versioni dei brani. Vediamo i risultati:

Noemi e Gaetano Curreri – Sono solo parole: Noemi sfida tutte le critiche estetiche indossando orecchini verde acido sotto i capelli rosso fuoco, accompagnata da Gaetano Curreri degli Stadio, già autore di Vuoto a perdere. Il contributo è minimo anche perché Curreri fa fatica a mantenere la tonalità femminile di Noemi per l’intero brano.
Pierdavide Carone, Lucio Dalla e Gianluca Grignani – Nanì: L’apporto di Grignani è positivo (nonostante qualche errore di intonazione) ma cambia un tantino l’atmosfera della canzone che guadagna più profondità ma perde la leggerezza del racconto di Carone.
Dolcenera e Max Gazzè – Ci vediamo a casa: I controcanti di Max Gazzè sono perfetti e si integrano con la canzone, anche se non è esattamente un pezzo adatto al cantautore romano, un po’ impacciato ma sempre capace.
Gigi D’Alessio, Loredana Bertè e Get Far Fargetta - Respirare: Se pensavate di aver visto tutto, vi tocca ricredervi. Il duo D’Alessio-Bertè riesce a toccare definitivamente il fondo con la versione dance di Respirare, remixata sapientemente, per carità, da Fargetta. Vestiti di pelle, come i veri ggiovani, e circondati da quelli che potrebbero essere i loro nipoti, Gigi e Loredana cantano il loro brano in playback. Al Festival canoro più importante d’Italia, e non solo.
Chiara Civello e Francesca Michielin – Al posto del mondo: La vincitrice dell’ultima edizione di X-Factor arriva sul palco con un sobrio abito fucsia, un goccino esagerato per una sedicenne al debutto sul palco dell’Ariston, ma anche per chiunque altro. Francesca canta distante dal microfono ma si rivela comunque migliore della Civello e le fa guadagnare qualche punto in più al televoto.
Samuele Bersani e Paolo Rossi – Un pallone: Il contributo di Paolo Rossi sembra del tutto improvvisato in quella che è di diritto un’occasione sprecata.
Eugenio Finardi e Peppe Servillo – E tu lo chiami Dio: L’esibizione è impeccabile anche se il duetto non porta nulla di nuovo al brano.
Nina Zilli, Giuliano Palma e Fabrizio Bosso – Per sempre: Probabilmente non è la canzone migliore per Giuliano Palma, ma le voci della Zilli e del leader dei Bluebeaters sono complementari, 50mila docet.
Arisa, Mauro Ermanno Giovanardi e Mauro Pagani – La notte: La voce calamitica dell’ex frontman dei La Crus, l’anno scorso a Sanremo con Io confesso, dà calore alla già piacevole canzone di Arisa.
Emma Marrone e Alessandra Amoroso – Non è l’inferno: La colonizzazione degli Amici di Maria, iniziata con la vittoria di Marco Carta del 2009 e quella di Valerio Scanu del 2010 (scomparsi dopo i trionfi), si completa con questo duetto. Alessandra Amoroso, in un’elegante palandrana nera, arriva a portare la sua fama ai televoti della compagna Emma. Il duetto, registrato in studio, sta già spopolando su Itunes, a dimostrazione che la casa discografica ci vede molto lungo. Ah, non l’ho detto: duetto superfluo.
Matia Bazar e Platinette – Sei tu: Partiamo dal presupposto che per recitare forse era meglio un attore o un’attrice. In ogni caso, Platinette fornisce una prova intensa e sentita e probabilmente la sua presenza vuole significare qualcosa di più. Geniale nel rispondere alle critiche di questi giorni: “Io amo gli etero”.
Francesco Renga e Scala & Kolacny Brothers - La tua bellezza: Finalmente una vera e propria nuova versione di un brano in gara. Scala & Kolacny Brothers è un coro belga di voci femminili che hanno raccolto nel loro ultimo album le cover di alcune delle canzoni pop/rock più belle di tutti i tempi. Qui danno una veste diversa a La tua bellezza, più celestiale, e la voce di Renga si inserisce benissimo nel coro.
Dopo i duetti arriva il momento della finale dei giovani: Alessandro Casillo, di diritto il sesto One Direction, saltella e guarda a terra ma si scioglie dall’emozione perché fondamentalmente è ancora un ragazzino. Incredibile dei Iohosemprevoglia risulta molto più ricca registrata in studio rispetto che nel live e questo potrebbe penalizzarli. Marco Guazzone si dimostra molto preciso nel canto in una canzone non facile da eseguire. Erica Mou è molto consapevole di sé stessa, nel modo giusto però. Il sistema di votazione mista tra orchestra e televoto premia Alessandro Casillo con E' vero e i due golden share fanno scalare Erica Mou al secondo posto. Alessandro Casillo vince tra i giovani: presumibilmente sarà stato demolito dall’Orchestra quindi provate a immaginare quanti televoti ha ricevuto. Erica Mou si “consola” con il premio della critica Mia Martini. Come al solito, la gara è falsata dal televoto e dalla fama televisiva dell’artista in questione, nulla a che fare con la musica. E se tanto mi dà tanto, Emma ha già la vittoria in tasca, a meno di sorprese in stile 2011.

Tra i Big, l’ultimo verdetto prima della finale vede fuori dalla gara Matia Bazar e Chiara Civello. Tutto sommato corretto anche se avrei tenuto la Civello ed eliminato Gigi D’Alessio, ma il seguito del cantante napolatano è imbattibile.

Questa sera la grande finale con i 10 Big e grandi ospiti: su tutti Geppi Cucciari, i Cranberries, Luca e Paolo e il ritorno di Adriano Celentano.

P.S.: Ma bisogna per forza ridere ogni volta quando si presenta Beppe Vessicchio? E’ scritto nel contratto?

D9P

venerdì 17 febbraio 2012

Vasi Sanremesi 2012: Terza puntata


L’anteprima della terza serata del Festival di Sanremo vede, finalmente, protagonista Rocco Papaleo e la sua voglia di cantare il brano Come vivere, che ritornerà durante tutta la serata. L’inizio di puntata continua a essere azzeccato con Gianni Morandi impegnato in ciò che sa fare meglio, cantare: esegue Dio come ti amo di Domenico Modugno e Gli uomini non cambiano di Mia Martini, per poi ricordare Giancarlo Bigazzi, grande autore della musica italiana recentemente scomparso, e Claudio Villa, al venticinquennale della sua morte. Gianni Morandi appare nel corso dello spettacolo molto più impacciato del solito, sia da solo che con gli ospiti, con un inglese decisamente da rivedere. Morandi, da buon italiano, riesce comunque a farsi capire e a emozionarsi con Josè Feliciano che gli dà l’occasione di cantare. Sin da inizio puntata, è sembrato a tutti, in un'edizione di Sanremo continuamente incerta, di essersi liberati di Elisabetta Canalis e Belen Rodriguez, che lasciano spazio alla vera padrona di casa 2012, Ivana Mrazova e la sua bellezza statuaria, che cresce col passare delle sere. Il balletto sulle note di Feeling good non sarà proprio il massimo ma è sicuramente un progresso rispetto a quello di mercoledì. Rocco Papaleo continua a convincere grazie alla sua poliedricità e alla sua versatilità: entra mostrando la copertina del Taim e si sfoga contro i giornalisti, rei di non considerarlo al pari della farfalla di Belen; canta e recita senza lasciarsi sfuggire qualche battuta qua e là e approfitta della serata per interagire con gli artisti, complimentandosi sottovoce, a microfono aperto. L’ospite della serata è Federica Pellegrini che si concede a una spensierata intervista con Morandi.
Mai come in questa serata, la musica è stata protagonista, all’insegna dei grandissimi ospiti, come non si vedeva da anni sul palco dell’Ariston. Ma è stato anche il momento dei primi verdetti definitivi: i quattro eliminati di mercoledì si sono riesibiti (con libertà di anticipare il duetto del venerdì, utilizzato solo dai Marlene Kuntz che hanno ospitato Samuel dei Subsonica) e si sono sottoposti al televoto. Ripescati, come prevedibile, Pierdavide Caronee e Gigi D’Alessio con le seguenti percentuali: Carone-Dalla 49%, D’Alessio-Bertè 31%, Irene Fornaciari 13%, Marlene Kuntz 7%. La fama del programma della De Filippi ha aiutato ancora una volta un Amico.

La gara è però stata offuscata dalle performance di Viva l’Italia con alcune delle più grandi canzoni italiane, conosciute in tutto il mondo, interpretate dai 14 Big e da più o meno importanti ospiti. La Sala Stampa è stata incaricata di individuare e premiare la miglior esibizione, che si è rivelata quella dei Marlene Kuntz con Patti Smith: magra, ma neanche troppo, consolazione di un Festival che per loro finisce qui. Vediamo nel dettaglio:

Chiara Civello e Shaggy: Giusto per rovinare ancora di più la sua immagine, Chiara Civello si presenta sul palco con un bel tamarro come Shaggy. Iniziano con un’inutilissima e, a quanto pare imprevista da Morandi, Boombastic, per poi crollare definitivamente con Io che non vivo di Pino Donaggio: Shaggy non è capace a cantare normalmente e Chiara Civello si dimostra decisamente mediocre.
Samuele Bersani e Goran Bregovic: Eseguono una versione alternativa del classico Romagna mia, che “annulla l’Adriatico”. Difficile trovare un modo per non far sembrare Romagna mia quello che è, vale a dire un ballo da balera, ma lo sforzo è apprezzabile. Bregovic interpreta poi un suo brano, Balkanjeros portando sul palco dell’Ariston la lingua gitana per la prima volta.
Nina Zilli e Skye: Interpretazione perfetta di Grande grande grande (Never never never) di Mina per due grandi voci. Rome wasn’t build in a day conclude l’esibizione.
Matia Bazar e Al Jarreau: I Matia Bazar risollevano le loro sorti con il tema de Il padrino, Parla più piano, con la collaborazione di Al Jarreau, grande voce americana, che poi regala al pubblico italiano una sua canzone We’re in this love togheter.
Emma Marrone e Gary Go: I due fanno a gara a chi è conciato peggio, tra una canottiera trasparente, un paio di occhiali rossi e un taglio di capelli rivedibile. Il paradiso di Patty Pravo è interpretata senza infamia né lode così come Wonderful di Gary Go. Senza problemi viene ammesso che i due si sono conosciuti solo in mattinata, a dimostrazione dell’affiatamento e del progetto musicale che sta dietro questo duetto.
Arisa e Josè Feliciano: Arisa dimostra ancora una volta il suo grande talento da interprete con Che sarà dei Ricchi e Poveri, portata al successo anche da Josè Feliciano, che l’accompagna sul palco con la sua chitarra. Un duetto ben riuscito. Feliciano introduce simpaticamente C’era un ragazzo, eseguita con Morandi.
Francesco Renga e Sergio Dalma: Che dire ancora sulla voce di Renga? Il mondo di Jimmy Fontana è perfetta, intensa e calda. Sergio Dalma, che sta proponendo i successi della canzone italiana in Spagna, esegue poi Bella senz’anima di Riccardo Cocciante, con Renga.
Pierdavide Carone, Lucio Dalla e Mads Langer: Il trio propone una versione delicata di Anema e core, internazionalizzata dalla presenza di Mads Langer, insolitamente inserito nel pezzo. Il duetto continua sulle note di You’re not alone, recente hit di Langer, dove Carone non si dimostra altrettanto efficace.
Irene Fornaciari, Kerry Ellis e Brian May: Papà Zucchero deve avere proprio le conoscenze giuste per trovare un tale accompagnatore per la figlia. La versione rock di Uno dei tanti non impressiona, nonostante l’intensità, la chitarra di May e la voce della Ellis, già collaboratrice del chitarrista per progetti teatrali e musicali. Pochi sono su quel palco per caso o per puro amore della musica. Di tutt’altro appeal è ovviamente We will rock you.
Marlene Kuntz e Patti Smith: Sale la cifra artistica della serata con una delle più belle canzoni italiane di tutti i tempi, Impressioni di settembre della PFM, eseguita dai Marlene Kuntz e da una quantomai mascolina Patti Smith. Il risultato è eccezionale con il rock della band cuneese alimentato dalla personalità di Patti Smith che non può non regalare al pubblico il suo più grande successo, Because the night.

Gigi D’Alessio, Loredana Bertè e Macy Gray: Almeno tu nell’universo è una di quelle canzoni eterne e come tutte le canzoni eterne, è difficile da rovinare. Gigi D’Alessio e Loredana Bertè comunque ci hanno provato per non farsi mancare niente. La canzone è talmente bella che sopravvive e la presenza di Macy Gray è inutile, come inutile è il duetto finale con D’Alessio.
Eugenio Finardi e Noa: Una versione particolare di Torna a Surriento, mezza napoletana e mezza inglese. La contrapposizione tra la delicatezza di Noa e il rock di Finardi (sorprendentemente adatto al ruolo) può infastidire ma l’idea è certamente positiva. Nulla da dire sul talento di Noa, sia sulle note napoletane di Murolo sia su Life is beautiful.
Dolcenera e Professor Green: Dolcenera se la cava bene con Vita spericolata e l’intervento del rapper consegna alla canzone una nuova atmosfera, interessante. Read all about it è la celebrazione di una collaborazione iniziata prima di Sanremo.
Noemi e Sarah Jane Morris: L’unione tra le due cantanti è forse la miscela di voci migliore della serata con Amarsi un po’ di Lucio Battisti. Noemi dimostra di avere un talento nettamente superiore a qualsiasi Amico di Maria, se ancora ce ne fosse bisogno. Lo spettacolo continua sulle note di Fast car di Tracy Chapman.

La semifinale di stasera sarà dedicata, nuovamente, ai duetti, stavolta però sulle canzoni inedite in gara. Il sistema di votazione sarà misto tra televoto del pubblico e giudizi della Sanremo Festival Orchestra che sanciranno l’eliminazione di altri due Big a fine serata. Inoltre ci sarà la finale tra i quattro giovani rimasti che si esibiranno e verranno valutati tramite lo stesso sistema dei Big ma con due golden share, uno della giuria delle radio e uno del popolo di Facebook. I golden share permetteranno agli artisti più votati di scalare di una posizione in graduatoria e di raggiungere la vittoria.
Ecco i duetti della serata in ordine alfabetico:

Arisa – La notte con Mauro Ermanno Giovanardi
Chiara Civello – Al posto del mondo con Francesca Michielin
Dolcenera – Ci vediamo a casa con Max Gazzè
Emma Marrone – Non è l’inferno con Alessandra Amoroso
Eugenio Finardi – E tu lo chiami Dio con Peppe Servillo
Francesco Renga – La tua bellezza con Scala & Kolacny Brothers
Gigi D’Alessio e Loredana Bertè – Respirare con Fargetta
Matia Bazar – Sei tu con Platinette
Nina Zilli – Per sempre con Giuliano Palma e Fabrizio Bosso
Noemi – Sono solo parole con Gaetano Curreri
Pierdavide Carone e Lucio Dalla – Nanì con Gianluca Grignani
Samuele Bersani - Un pallone con Paolo Rossi

D9P

giovedì 16 febbraio 2012

Vasi Sanremesi 2012: Seconda puntata

Dopo una discussa e discutibile prima serata, la seconda puntata del Festival di Sanremo si è aperta con la breve anteprima, stavolta affidata a I soliti idioti, Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio, reduci dal successo televisivo e cinematografico, ma forse ancora un po’ distanti dal pubblico di Rai Uno. La sigla di Daniel Ezralow si compone stavolta di una coreografia molto bella contro il razzismo in cui bianchi e neri si mescolano e si fondono tra loro.

La serata trascorre tranquillamente senza grandi avvenimenti e la conduzione di Gianni Morandi è essenziale, fin troppo, basata sull’improvvisazione, che si scontra con l’esigenza di seguire il gobbo. Il risultato è spesso negativo: si vedano le domande rivolte ai giovani prima delle esibizioni, in cui Morandi non sa cosa dire e rischia di agitare ancor di più i debuttanti. L’aura di Celentano aleggia sull’Ariston, tant’è che Morandi finge di sentire più volte la sua voce, dopo aver esaltato a inizio serata i risultati in termini d’ascolto e aver ringraziato il molleggiato. Sulla “spalla” Rocco Papaleo, anche stasera in loden, è inutile ripetersi, grande presenza scenica e la giusta ironia. I limiti sono quelli già visti ieri, con l’aggiunta di una pietosa scenetta nei panni di un DJ, a notte fonda: l’inutile ospitata di Martin Solveig alle 00.40 ha aperto la strada a un altrettanto superfluo sketch, neanche troppo divertente.
Ma arriviamo alla consueta nota dolente: il trio di vallette è finalmente al gran completo e i simpaticissimi siparietti Canalis-Rodriguez culminano nella presentazione di Ivana Mrazova, annunciata in coro con accenti diversi. L’altissima modella ceca esordisce sul palco dell’Ariston con un bel “Voglio grazie Elisabetta e Belen…” ed è in quel momento che Elisabetta e Belen diventano quasi un lusso da rimpiangere. Ivanka racchiude lo stereotipo della valletta sanremese, ben condito da un balletto a dir poco statico in cui non ha nemmeno mai piegato le gambe; perlomeno dimostra un po’ più di spontaneità rispetto alle colleghe. Il picco della serata ha visto protagonista, senza ombra di dubbio, la farfalla di Belen Rodriguez: lo spacco ascellare dell’abito variopinto di Belen ha regalato al pubblico la visione del tatuaggio inguinale di Belen, che ancora non c’era ai tempi del video hard. Ora abbiamo un quadro anatomico completo, perlomeno. E neanche il tempo di mostrare di non indossare le mutande (e di smentirlo in diretta europea con la complicità della sempre vispa Canalis) che sul web spopola la foto del particolare. Belen sostiene che gli slip sono cuciti al vestito. A un altro però.
Altri protagonisti della serata sono stati gli ospiti comici, I soliti idioti, che si dividono in più interventi in cui sviscerano tutti i personaggi visti su MTV e al cinema. Sorprendentemente piacevole lo sketch di Ruggero De Ceglie e il figlio Gianluca, adattati e regolati per l’occasione, a chiedere i soldi di Celentano per le famiglie nullatenenti e a emulare il tentativo di suicidio avvenuto nell’edizione del 1995 e sventato dal conduttore Pippo Baudo. Per il tipo di comicità sarebbe stato ideale qualche intervento più breve, a disturbare la serata, e soprattutto senza cantare, visto anche il ritardo accumulato. Non hanno personaggi che possono reggere più di uno o due minuti, mantenendo viva la risata.

Passando alla musica, la seconda serata ha riproposto tutti e 14 i Big, a causa del problema tecnico al sistema di votazione di ieri, e ha sancito i primi verdetti: Marlene Kuntz, Gigi D’Alessio e Loredana Bertè, Irene Fornaciari e Pierdavide Carone sono gli eliminati che si giocheranno il ripescaggio al televoto nella serata di giovedì. L’eliminazione dei Marlene Kuntz non può sorprendere molto visto che i giudizi vengono dati in pochi minuti; Canzone per un figlio richiede molta più attenzione e dedizione per essere capita e apprezzata. Sorprende invece l’eliminazione di Pierdavide Carone, la cui canzone è ben al di sopra di quelle di Matia Bazar, Dolcenera o Emma. In ogni caso il contributo della giuria demoscopica (formata da consumatori abituali di musica) è stato come al solito positivo. Sarà come sempre il televoto a rovinare tutto e a ripescare D’Alessio. Sugli altri, vengono confermate le buone impressioni per Francesco Renga, Arisa, Nina Zilli e Samuele Bersani, anche se l’ombra dell’ennesima vittoria di un’Amica di Maria, Emma, incombe minacciosa sul Festival.
A intervallare le esibizioni dei Big, è iniziata la gara dei giovani di Sanremo Social che si sono esibiti tutti e otto attraverso una nuova modalità, in pieno stile talent show: quattro duelli decisi dal televoto che hanno consegnato al Festival i quattro finalisti. Ma vediamo nel dettaglio duelli e canzoni (clicca qui per ascoltarle).

Alessandro Casillo – E’ vero: La visibilità ottenuta nel programma Io canto di Canale 5 gli dà un innegabile vantaggio. Siamo di fronte all’ennesimo minidivo per ragazzine con una bella faccetta e poco da dire, niente di nuovo all’orizzonte: il brano ha la solita bella melodietta e il solito testo d’amore. La colpa però non è sua, ha solo 15 anni.
Dana Angi – Incognita poesia: La scommessa del festa, presentatasi al concorso senza casa discografica alle spalle, è una cantautrice diciottenne con una voce calda e una grande personalità. La canzone è interessante ma da ascoltare un po’ di volte.
1ª sfida: Il televoto fa la sua prima vittima: vince Casillo per la fama che precede lui e la sua canzone.

Iohosemprevoglia – Incredibile: Il gruppo pugliese, scelto da Area Sanremo, ha una buona personalità e si presenta con una canzone leggera. Non sembrano però avere le credenziali per sopravvivere al di fuori di Sanremo, nonostante un ritornello carino.
Celeste Gaia - Carlo: A mio avviso una canzone originale, simpatica con dietro una voce sensuale, un viso espressivo e due grandi occhi azzurri. Peccato per il naso.
2ª sfida: Il duello più equilibrato è vinto dai Iohosemprevoglia, anche se avrei premiato la stravaganza di Carlo.

Erica Mou – Nella vasca da bagno del tempo: Erica Mou è già conosciuta nel mondo della musica e ha già partecipato agli Mtv Days 2011 a Torino. Ha una voce dolce, un viso carino e soprattutto una canzone matura e interessante.
Bidiel – Sono un errore: Il leader e l’autore del pezzo sono figli di Luca Madonia, l’anno scorso al Festival con L’alieno, in collaborazione con Battiato. Sono un errore è una canzonetta semplice che non ha grandi speranze.
3ª sfida: Passa Erica Mou, giustamente. Casualmente rimane la più lanciata dalla casa discografica del duello.

Marco Guazzone – Guasto: Stile british (non nel vestirsi ieri sera), stile Coldplay, un po’ più originale della media, Marco può fare bene con queste note lunghe e quasi disperate.
Giulia Anania – La mail che non ti ho scritto: L’inizio di strofa ricorda moltissimo Lo zingaro felice di Alex Britti con una buona idea melodica che però non sembra avere il cambio di marcia necessario.
4ª sfida: Verdetto corretto, prosegue la gara Guazzone.

I finalisti sono quindi Alessandro Castillo, Iohosemprevoglia, Erica Mou e Marco Guazzone. Sulla pagina Facebook “Sanremo Social” si possono votare i finalisti fino alle ore 17 di venerdì per decretare il golden share della rete che permetterà al più votato di scalare una posizione in classifica.

La terza serata del Festival della Canzone Italiana sarà dedicata all’evento Viva l’Italia in cui i 14 Big duetteranno con artisti internazionali ed eseguiranno le grandi canzoni italiane nel mondo. Per conoscere duetti e canzoni clicca qui.

D9P

mercoledì 15 febbraio 2012

Grammy Awards 2012: I vincitori che non ti aspetti (o forse sì?)

In un’America scioccata dalla recentissima scomparsa della cantante Whitney Houston, il 12 febbraio si sono svolti i Grammy Awards, arrivati alla cinquantaquattresima edizione.

Gli Oscar della musica di quest’anno che valutano i dischi messi in vendita tra il 1° ottobre 2010 e il 30 settembre 2011 hanno visto come protagonisti Adele, i Foo Fighters e Kanye West, per un totale di 15 statuette in tre. Ne ha vinte 6 solo Adele che a 24 anni ancora da compiere entra di diritto nell’olimpo delle cantanti eguagliando il record di Beyoncé del 2010. Contando anche i due vinti nel 2009 si è portata a quota otto, niente male come inizio carriera! Adele ha così conquistato le statuette per miglior album e record dell’anno (21), miglior canzone e miglior video (Rolling in the Deep), e miglior performance (Someone Like You).
I Foo Fighters hanno invece conquistato tutto quello che si poteva in ambito rock (5 Grammies), battendo artisti del calibro dei Coldplay nelle categorie miglior album, canzone e performance rock grazie al loro ultimo album Wasting Light e ai due singoli Walk e White Limo. Stessa sorte è toccata a Kanye West (4) dove è stata premiata la sua capacità di evolversi come scrittore e cantante rapper nel suo My Beautiful Dark Twisted Fantasy grazie anche al numero incredibilmente alto di collaborazioni di qualità al suo interno.
I Grammy 2012 tuttavia non sono stati soltanto elenchi di vincitori e vinti, ma anche grandi e toccanti performance. Sul palco dello Staples Center di Los Angeles si sono potuti ammirare i cantanti più in voga del momento. Rihanna e i Coldplay hanno, finalmente, mostrato dal vivo la loro creatura Princess of China; Bruce Springsteen ha cantato il suo nuovo singolo We Take Care of Our Own; si è esibito Paul McCartney e si sono riuniti per la serata i Beach Boys che festeggiavano i cinquant’anni dal loro debutto. Non sono mancate le dediche alle scomparse Etta James, Amy Winehouse e Whitney Houston con I Will Always Love You cantata da una commovente Jennifer Hudson.


Ricapitolando, i delusi della serata, con zero statuette, non possono che essere stati Katy Perry, Lady Gaga, i Coldplay che però il prossimo anno torneranno alla carica con Mylo Xyloto, e David Guetta, battuto dal giovane Dj Skrillex. Ai Lady Antebellum è andato il premio come miglior album country (Own The Night) mentre il miglior duo pop è stato assegnato a Tony Bennett e la scomparsa Amy Winehouse con Body and Soul. Bon Iver è stato giudicato come miglior nuovo artista, Chris Brown ha ricevuto il premio come miglior album R&B (F.A.M.E.) mentre Cee Lo Green e Taylor Swift come miglior canzone e performance R&B (Fool For You) e country (Mean). Contenti o delusi, gli artisti hanno un anno di tempo per rifarsi o bissare il successo di quest’anno: arrivederci ai Grammy Awards 2013!

Lares

Vasi Sanremesi 2012: Prima puntata

Eccoci, come l’anno passato, a commentare il 62° Festival della Canzone Italiana di Sanremo che ha aperto i battenti ieri sera, 14 febbraio. Quale miglior modo di iniziare la prima serata se non con la notizia dell’assenza della valletta Ivana Mrazova, all’ospedale per problemi alla cervicale, e con una bella anteprima in cui ci viene mostrata l’ansia del padrone di casa Gianni Morandi nel pre-puntata? Tre minuti di ansia gratuita anche per il pubblico: utile. A differenza delle scorse edizioni l’apertura del Festival si discosta, quest’anno, dalle solite scene celebrative a toccare le emozioni dei telespettatori, e punta tutto su Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, brillanti e simpatici come al solito. La cover di Uomini soli dei Pooh è il sequel di Ti sputtanerò dell’anno scorso e lo scambio di battute tra i due, per quanto sempre sugli stessi temi (Berlusconi, crisi, tasse), funziona e non risparmia le parolacce: “Il canone RAI va pagato, tanto, quanto sarà?” “112 €” “Sti cazzi!!”. Su una lunga pausa celentanesca viene presentato per iscritto Gianni Morandi che appare subito meno impacciato rispetto a un anno fa e che lascia velocemente spazio alla sigla, coreografata da Daniel Ezralow, dal 2010 a Sanremo, ma un po’ noiosa. Tocca finalmente a Rocco Papaleo salire sul palco dell’Ariston: l’attore e regista lucano si presenta con un loden “alla Mario Monti” e si definisce un “conduttore tecnico”. L’abisso recitativo tra Papaleo e Morandi è evidente ma anche normale: dopo uno scambio di battute, i due arrivano a coniare il nuovo motto di questo Festival, “stiamo tecnici!”. Rocco Papaleo è bravo, bravissimo, ma non può ricoprire il ruolo che fu di Luca e Paolo l’anno scorso, nell’attirare i giovani e nel dare dinamismo al programma. La prima serata è infatti un po’ lenta, poco brillante e vivace, quasi a voler puntare tutto sul superospite di turno; il palco è vuoto senza le cinque persone che lo popolavano nel 2011 e due soli protagonisti, perdipiù over 50, non bastano a riempirlo. Per non parlare poi della comparsata di Elisabetta Canalis e Belen Rodriguez, quantomai inutile, con una simpaticissima canzone in playback e un leggerissimo, quasi impercettibile, autotune per la Canalis.
La prima serata ha visto l’esecuzione di tutti i brani dei 14 Big, votati dai trecento giurati della giuria demoscopica, presenti in galleria. Solo alla fine si scoprirà che, a causa di un problema tecnico manifestatosi durante la seconda esibizione (di Samuele Bersani), le votazioni di questa prima serata sono annullate e i primi verdetti sono rimandati alla serata di mercoledì. Poco male, un’occasione in più per ascoltare prima di giudicare. Vengono infine presentati i giovani di Sanremo Social, una competizione che si preannuncia molto più interessante di quella dei Big, come ogni anno (ascolta qui le canzoni).
Passiamo rapidamente in rassegna i brani, ricordando che un solo ascolto, live, non può bastare a giudicare una canzone, bella o brutta che sia. Ecco le prime impressioni.

Dolcenera – Ci vediamo a casa: Reduce dal successo di Read all about it, in duetto col rapper Professor Green, Dolcenera propone la solita canzone un po’ insipida che ho paura non lascerà il segno né durante né dopo il festival.
Samuele Bersani – Un pallone: Bersani (molto bello secondo la nostra blogger Erin) indossa le scarpe coi tacchetti e intona le vicissitudini di un pallone con il suo inconfondibile stile. Un brano dal ritmo allegro, molto poco sanremese, strano da ascoltare dal palco dell’Ariston, ma che, come molte canzoni del cantautore romagnolo, richiede qualche ascolto per essere apprezzato.
Noemi – Sono solo parole: Noemi si presenta con dei capelli corti veramente troppo rossi, pessimi, e porta a Sanremo un brano firmato da Fabrizio Moro, vincitore nel 2007 con Pensa. La mano dell’autore si sente per un pezzo abbastanza ripetitivo che non sembra avere la forza dei passati successi, ma sarà da valutare col tempo.
Francesco Renga – La tua bellezza: Una delle migliori voci italiane, se non la migliore, propone una melodia orecchiabile, un misto tra la classica canzone italiana e un goccio di rock, nelle corde del cantautore bresciano. Neanche il tempo di eseguirla a Sanremo che su Youtube è stato rilasciato il videoclip ufficiale:
Chiara Civello – Al posto del mondo: Una bella canzone che però si porta dietro polemiche e discussioni. Al posto del mondo era già stata già proposta da Daniele Magro, concorrente della seconda edizione di X-Factor. Le due interpretazioni sono diverse ma devo dire che preferisco quella di Magro (rimossa da Youtube) con un arrangiamento più essenziale che esalta la melodia. Tornando alla Civello, questa prima esibizione non mostra granché il talento riconosciuto all’estero della jazzista. Perché non proporre un jazz piuttosto che un brano riciclato da un talent show?
Irene Fornaciari – Grande mistero: La battuta è scontata ma il Grande mistero è la presenza, ancora una volta, di Irene Fornaciari sul palco di Sanremo. Ci ha già provato due volte, nel 2009 e nel 2010, dimostrando che non basta essere figlia di Zucchero, né farsi accompagnare dai Nomadi, per fare successo. Ora ci riprova con un brano di Davide Van De Sfroos, ritmato ma veramente inutile. Inspiegabile come una casa discografica possa ancora investire su di lei. Il cognome forse aiuta..
Emma Marrone – Non è l’inferno: Un testo banale e osceno scritto da Kekko dei Modà, involontariamente in continuità con l’intervento di Celentano. Molto pop, molto orecchiabile, con ambizioni impegnate, nella musica e nel testo. Potrebbe vincere per la solita celebrità televisiva degli Amici di Maria.
Marlene Kuntz – Canzone per un figlio: Presentati da Morandi come una band “cool”, i Marlene Kuntz provano a farsi conoscere su un palco importante con una canzone sussurrata e gridata che assolutamente non può essere giudicata in 10 secondi e che sarà difficilmente apprezzata dal grande pubblico.
Eugenio Finardi – E tu lo chiami Dio: Difficile commentare un artista con un genere e uno stile così radicato. Posso dire che Finardi mi ha piacevolmente sorpreso soprattutto nel ritornello “E tu lo chiami Dio / io non do mai nome a cose più grandi di me”. Risolleva un po’ le sorti del festival ma dubito che potrà avere gli stessi risultati del Vecchioni dell’anno scorso.
Gigi D’Alessio e Loredana Bertè - Respirare: Dai primi versi capiamo di essere di fronte alla solita canzone di D’Alessio, quel neomelodico, stavolta rockeggiante con il graffio della Bertè. Il ritornello è imbarazzante, vecchio ma orecchiabilissimo. Il sapore è quello di una certa musica italiana anni ’90 che purtroppo non riesco a definire e ricordare.
Nina Zilli – Per sempre: Stranamente vestita e conciata bene, ma molto dimagrita, Nina Zilli si presenta sul palco dell’Ariston con le sue solite sonorità, quelle dell’album Sempre lontano, ma forse manca una melodia d’impatto. Merita più attenzione, nonostante la spocchia che la Zilli si è caricata sulle spalle prima del Festival, parlando male di talent show e al “sistema”, per poi immergersi al suo interno.
Pierdavide Carone e Lucio Dalla – Nanì: Già vincitore in qualità di autore di Per tutte le volte che… cantata da Valerio Scanu, l’ennesimo Amico di Maria racconta la storia di una prostituta con sonorità molto alla Dalla ma piacevoli. Il brano non decolla mai, rimane un po’ piatto e il contributo di Dalla è minimo. Da riascoltare.
Arisa – La notte: Una canzone dolce e leggera che mette in luce un altro lato di Arisa, quello di interprete più seria e capace, mostrato già nelle sue partecipazioni televisive. Il brano è interessante e una vera sorpresa. Attenti ad Arisa…
Matia Bazar – Sei tu: Ancora i Matia Bazar sul palco di Sanremo, si. Con la solita canzone da Sanremo che dimenticheremo presto o anzi non noteremo neanche e i Matia Bazar torneranno a cantare Vacanze Romane in giro per l’Italia.

Ma veniamo al momento caldo della serata: Adriano Celentano. Introdotto da uno scenario apocalittico, una zona di guerra, che colpisce profondamente Gianni Morandi tanto da portarlo a esclamare “Ma che cazzo è?!”. Celentano risorge con un gran sorriso e un accenno di emozione. Comincia il suo personalissimo show sparando a zero su Chiesa, politica, crisi, Montezemolo, Stato, Aldo Grasso, e difendendo Santoro, il referendum, il popolo sovrano, Don Gallo, in poco più di un’ora di esibizione; compaiono anche Papaleo (eccellente), Canalis (deprimente), Morandi e Pupo, in un trionfo di recitazione posticcia. Fortunatamente Celentano non dimentica di essere un cantante e propone ben cinque canzoni tra cui Prisencolinensinainciusol, dimostrando di essere ancora molleggiato, Il forestiero e Facciamo finta che sia vero, in duetto virtuale con Franco Battiato (musica di Nicola Piovani). Mi spiace parecchio dirlo ma stavolta Celentano ha toppato: mi interessa poco o niente del compenso che riceverà o che darà in beneficienza (vogliamo parlare del compenso di altri? Di meritocrazia in Italia?), ma il tanto atteso momento di Celentano si è dimostrato noioso, statico e troppo lungo. Banalità, qualunquismo e populismo non mi hanno sorpreso perché Celentano è sempre stato diretto, capace di dire cose semplici con parole semplici, grazie a un carisma e a un potere mediatico, rafforzati dal palco di Sanremo. Credo sia necessario che qualcuno ci ricordi anche le cose che spesso diamo per scontate ma senza esagerare: Celentano butta in un unico calderone troppi argomenti, perdendo coerenza e lasciando lo spettatore spaesato, alla ricerca di un fil rouge che conduca a un concetto generale. Spesso manca spontaneità e le celebri pause di Celentano sono dovute a volte dalla lentezza del gobbo, ma lui ci va di mestiere per portare a casa uno spettacolo inconcludente e qualche titolo di giornale.

Una sintesi sarebbe stata più opportuna ed efficace: sarebbero bastati due concetti espressi bene e magari l’esecuzione dell’ultimo singolo Non so più cosa fare. Sarebbe stato bello se Celentano avesse portato sul palco Battiato, Jovanotti e Sangiorgi per un’esibizione corale ed emozionante.

Appuntamento a stasera per la seconda serata del Festival della Canzone Italiana, con i 14 brani dei vip e 4 dei giovani. Ospiti previsti I Soliti Idioti, il dj Martin Solveig con l’incognita Mrazova (e quindi Canalis-Rodriguez). E attenti a Celentano…
D9P

martedì 14 febbraio 2012

La conclusione del processo Eternit

Doveva andare tutto male perché tutto andasse bene.
Quando parlai, qui, per la prima volta, della questione Eternit, per gli imputati si stava delineando un profilo decisamente roseo: un risarcimento non troppo cospicuo e una pericolosa tendenza ad accettare un offerta che avrebbe potuto garantire un qualche sconto di pena agli imputanti, De Cartier e Schmidheiny.
Nell’ultimo mese, sono cambiate molte cose. Il comune di Casale, alla fine, dopo mille polemiche e mille pantomime (a onor del vero, non troppo da parte del sindaco ma soprattutto da parte di alcuni suoi assessori e colleghi peraltro attualmente sotto processo) ha deciso di declinare un’offerta che, più che spaccare una comunità, l’aveva fatta infuriare, anche e soprattutto per l’arroganza con la quale era stata formulata.
Ieri, 13 Febbraio 2012, a Torino, alla fine è arrivata la sentenza penale. Il lavoro del PM Guariniello e il pressante attivismo dei familiari delle vittime hanno portato i due imputati a condanne di 16 anni di carcere, al pagamento delle spese processuali e a cospicui risarcimenti, a partire da 25 milioni di Euro che spetteranno alla città di Casale, ancora in attesa del procedimento civile. A vedere il risarcimento saranno inoltre le famiglie di circa 3000 vittime, anche se la sentenza, storica per il suo essere finalmente a carico della proprietà dell’azienda, ha lasciato l’amaro in bocca alle famiglie di circa 500 altri morti, soprattutto originari di Rubiera, a causa della messa in prescrizione di alcuni periodi temporali. Il giudice ha letto i nomi delle vittime, uno per uno, per ore intere: più di milleduecento persone, in aula, li hanno ascoltati con rispetto e commozione.
Uno delle immagini più cariche di significato dell’intera vicenda è lo sguardo della signora Romana Blasotta Pavesi, ottantadue anni e cinque familiari uccisi dall’amianto. L’arroganza con la quale Schmidheiny aveva offerto un risarcimento in cambio della nomea di benefattore cittadino si è scontrato con la determinazione di una signora anziana che è diventata il simbolo della dignità di migliaia di persone disposte, in questi tempi sembra quasi strano, a rinunciare a qualche soldo sicuro per salvare la dignità di una città che oggi è un esempio per il mondo intero.
È nelle parole del magistrato torinese che si trova tutta l’eccezionalità di quanto accaduto: all’inizio, Guariniello stesso fu molto scettico sulle possibilità di vittoria, mentre ieri si è arrivati a una sentenza che è destinata a fare storia in tutto il modo. Chi chiedeva ‘Eternit: Giustizia!’ dai balconi, dalle piazze, dalle strade e dalle stesse mura della cosiddetta ‘Fabbrica dei Tumori’, alla fine, ha vinto.

Falco_Nero87,
il casalese Alberto Sistri.

lunedì 13 febbraio 2012

I videoclip di Londra brucia dei Negramaro e di M'abituerò di Ligabue

Due big della musica italiani, assoluti protagonisti della scena musicale negli ultimi anni, hanno deciso di rilasciare i videoclip ufficiali dei loro nuovi singoli proprio oggi, entrambi su siti di quotidiani.
Sul sito Corriere.it il videoclip ufficiale del nuovo singolo dei Negramaro, Londra brucia: il video mostra alcune immagini tratte dal fortunato Casa69 Tour (recensito da VC), sottolineando più volte il progetto Teatro69: proprio durante l'esecuzione di Londra brucia nei live, ogni città ha potuto ospitare un attore diverso che ha recitato un monologo teatrale, oltre che gli ultimi passaggi del testo della canzone. Nel finale del videoclip potrete leggere, infatti, la lista degli attori che hanno partecipato al tour. Eccolo:

Sul sito Repubblica.it invece, Ligabue regala ai fans il video di M'abituerò, secondo estratto dal cd live Campovolo 2.011, da cui è stato tratto anche un film. Il video racconta la ricerca dell'amore da parte di un senzatetto, interpretato da Francesco Montanari, il Libanese di Romanzo criminale - La serie, sulle note del brano di Ligabue.

D9P

Sigarette a colazione # 6 - Al veglione


Suona la sveglia che già sono tutti all'opera.
Oggi sveglia in trasferta: sono immediatamente sul pezzo e mi accendo una lunghissima sigaretta.

Sono qui, al veglione; ci siete anche voi, ci sono tutti!
Al veglione ci sono tutti. Proprio tutti; li si può contare, anche additandoli: non se ne accorgerebbero, tanto sono presi dalla festa. Ci sono tutti, messi in fila nel loro vestito migliore; con passi decisi fendono la folla per prendere la loro direzione. Improrogabili impegni, al veglione. Mai quelli che si prendono in pubblico, si capisce: solo sotterfugi e sottobancherìe assortite. Sono impegni tarati su raffazzonate morali, strutture valoriali ambigue, con zone d'ombra. Al veglione non è chiara la distinzione tra il bene e il male, almeno non dovrebbe esserlo. Ci sono le luci stroboscopiche però, e ogni fotogramma tra lo spegnersi e l'accendersi del lampo traccia ingannevoli confini: bianco e nero.
Tutto diventa semplice, al veglione: e se non sei della festa è solo colpa tua, e della tua testa di cazzo.
Così dicono i custodi dell'ingresso del veglione. Li chiamano i gatekeepers, coloro che presiedono l'accesso. Scrivono riviste e creano mercati.
Li indirizzano, fanno i target e i diagrammi: modificano il packaging e ottimizzano i tempi di distribuzione online. Curano la grafica e i fiocchetti, poi impacchettano e vendono fumo. Sono i creativi della festa, insomma.
Il veglione non saprebbe proprio rimediare alla loro assenza, per carità, sono fancazzisti, squattrinati e indossano capi e abbinamenti di colore che fan tremare i polsi, ma servono! Servono quasi quanto gli avvocati in tempi di persecuzioni giudiziarie come questo. Al veglione c'è una schiera d'avvocati che c'ha il privé: e dice proprio così un tipico avvocato del veglione: "io c'ho il privé". Il Suv lo mettono pure dentro il privé, e quanti locali in frantumi per sta storia a Milano!
Meglio non divagare comunque, perché il veglione incalza! Toh, guarda chi c'è lì: l'ingengere. Ingengere, faccia bene i suoi conti, che dobbiam costruire case più grandi! Come l'ammericani!
L'ingegnere annuisce, il volto velato di virgineo rossore, e pensa ai suoi anni congelato in quella vitrea sala studio del politecnico di Torino.
Accanto a lui passa la confraternita dei magnetici, gli illuminati, i più avanti del settore. È un peccato che i loro settori siano sempre di nicchia, le loro invenzioni sempre bistrattate e miscredute e schifate dal volgo nonché dall'espertize.
Oh, e di cosa parlavamo dunque? Non ricordo più bene, sono frastornato dai continui strepiti; qui al veglione non c'è un minuto che non si balli. Pure quando piove c'è fermento, pure quando le gocce si mettono a picchiare quelli del veglione fanno festa; prendono le dita della pioggia e le mettono ai tamburi. Non sia mai che ora un evento atmosferico venga a rovinare l'Evento. Nel neo-italiano si scrive in maiuscolo, non lo sapevate? Beh, sì, mi sembra giusto che sia celebrata l'esclusività della cosa: in maiuscolo suona meglio. Eh, però anche voi, se non sapete la lingua, imparatevela.
E ci sono i professori! Guardali, messi all'angolo, poveracci. Ma che fate lì? Venite fuori, toglietevi sti cappellini con le orecchie, dai. Lo so, lo so che ve la passate male e... Cosa? L'Italia affonda? Ma, perdio! Proprio voi, così abituati all'Odissea, state a frignare?.
Mi allontano velocemente dai professori, non è colpa loro, sono un tantino irascibili per ora al veglione: hanno smesso pure di pagarli, sono in via d'estinzione.
Quelli che non moriranno mai sono sempre loro, gli imbecilli. Se ne stanno belli seduti, storditi come vacche a un passo dal macero, hanno conservato un posto che rifiuto con tutta la gentilezza che mi è possibile.
Ci sono anche i poveri al veglione, anche se li hanno messi in scatole di cartone e rintanati agli angoli della sala: per loro hanno allestito i privé obbligatori, così nessuno è obbligato a insozzarsi la vista con l'indigenza altrui. Al veglione, i partecipanti non fanno altro che raccontare quel fantastico mito dell'opulenza.
In mezzo al veglione ci sono i maestri cerimonieri: grossi microfoni, stampano giornali.
Dirigono la baracca da dietro la loro consolle piena di scorciatoie e viaggi gratis; loro non pagano niente perché ci mettono la faccia, anche se – secondo alcuni maliziosi – dalla collettività pretendono il culo: contropartita niente male.
Cosa ci volete fare? È il veglione, le regole sono queste: prendere o lasciare.
In alternativa, potete tornare a dormire.

Nino